Francesco Improta per Oltre il Caos Hemera

C'è qualcosa di primitivo in queste poesie come conferma il titolo che si richiama alla mitologia greca. Dal caos, inteso non solo come disordine ma come vuoto, abisso, oscurità alla luce del giorno che segna il trionfo della vita, della luce, in un tripudio di sensi e di colori. I 21 componimenti di questa breve raccolta, come si legge nella compendiosa ma densa prefazione di Anna Chiara Palma, si richiamano alla Smorfia napoletana, dove il n° 21 corrisponde alla "femmena annura" e Barbara, liberatasi da sovrastrutture e incrostazioni, si offre allo sguardo dei suoi lettori ed ammiratori come "un firmamento di contraddizioni" (sismica e antisismica, preda e predatrice, vero e assurdo). Appare anche, gloriosa nella sua bellezza, esposta alle carezze del vento, del mare e della salsedine. Una forza primigenia capace di vedere ciò che la luce nasconde, di ascoltare ciò che il flutto annega, di afferrare ciò che lo scirocco disperde. Perennemente sospesa tra "impazienza e desiderio" in un campo di grano come sulla riva del mare. In uno dei componimenti più belli c'è qualcosa di Montale per il desiderio dell'oltranza e per quell'anafora di "non" che schiude una serie di rifiuti di mediocri abitudini, di passiva accettazione, nella ricerca dell'eccesso e di "ogni incoscienza". In breve tempo Barbara Dall'Idro ha raggiunto una straordinaria maturità umana, poetica e culturale che la solleva dalla mediocre e scontata banalità che spesso si ritrova in tante sillogi poetiche contemporanee.